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Se c’è la vita c’è anche la morte!

Quale verità non è più infausta di questa?

Eppure, nonostante ne siamo consapevoli, è un’esperienza che ogni volta può metterci a dura prova, un terremoto emotivo che può scuoterci, a tal punto che spesso la nostra mente si rifiuta di accogliere il dolore profondo che può sopravvenire alla perdita di una persona cara, o addirittura sprofondarci dentro senza altra via di uscita.
L’esperienza della perdita di un familiare o di un amico intimo, accompagna il nostro crescere e con l’andare avanti siamo più frequentemente portati a viverla. Ma il modo in cui l’affrontiamo dipende da alcuni fattori, che caratterizzano la nostra esistenza e il nostro modo di vivere, e per questo ci rendono unici, quali ad esempio: le caratteristiche soggettive di noi stessi, della nostra storia personale, del contesto sociale in cui viviamo e della rilevanza che quella perdita acquisisce nella nostra vita.

Le 5 fasi dell’elaborazione del lutto

Solitamente al lutto seguono fasi caratterizzate da specifici aspetti cognitivi ed emotivi, che brevemente vengono così riassunte:

  • fase della negazione;
  • fase della rabbia;
  • fase della contrattazione;
  • fase della depressione;
  • fase dell’accettazione.

Queste fasi procedono quindi da una iniziale negazione dell’evento, con profonda angoscia, tristezza e ansia associate alla mancanza di motivazione, fino alla sua progressiva accettazione, che porta al recupero di un buon funzionamento psichico. La perdita viene rielaborata sia a livello cognitivo sia a livello emotivo, acquisendo un nuovo modo di vivere anche senza la persona defunta.
La variabilità individuale delle manifestazioni sintomatologiche sopracitate, nonché la loro transitorietà, ci porta quindi a considerare il lutto non come una condizione di stato, ma come un processo estremamente mutabile, caratterizzato da manifestazioni che, nella maggior parte dei casi, evolvono spontaneamente nel tempo riducendosi sempre più a fronte del buon esito del processo di elaborazione.

Il lutto non elaborato

Talvolta, però, si riscontrano casi in cui il lutto non viene elaborato, dando origine ad una condizione patologica definita disturbo da lutto complicato, invalidante e persistente in cui queste emozioni negative continuano ad essere esperite, compromettendo significativamente il funzionamento del soggetto.

Nei casi più complessi, alla perdita possono conseguire reazioni emotive compatibili con quelle del disturbo da stress post traumatico, caratterizzate da pensieri e ricordi intrusivi, iperattivazione fisiologica, fino ad arrivare a sintomi dissociativi, oppure con quelle del disturbo depressivo maggiore, nel quale prevalgono invece sentimenti di disperazione, tristezza, paura.

Vi è una continuità esistente tra lutto normale e patologico, che si differenzierebbero solo per l’intensità dei disturbi manifestati e la persistenza della compromissione nel funzionamento.

 

La diagnosi di disturbo da lutto persistente e complicato

Secondo il manuale dei disturbi psichiatrici la diagnosi di disturbo da lutto persistente e complicato indica quelle condizioni in cui le manifestazioni acute del lutto, con vissuti a stampo negativo, di tristezza, colpa, invidia, rabbia, associati a persistenti ruminazioni relative alle cause, circostanze e conseguenze della perdita, permangono se sono trascorsi almeno 12 mesi dalla morte di qualcuno con cui l’individuo in lutto aveva una relazione stretta, considerando questo lasso di tempo come discriminante tra lutto normale e patologico.

Questo disturbo, inoltre, si accompagna frequentemente a disturbi del sonno, iporessia (perdita dell’appetito), astenia (eccessivo senso di affaticamento), e la possibile intensificazione di condotte disfunzionali quali uso di alcool o droghe.
Alcuni dei sintomi riportati dal DSM-5 e presenti per un numero di giorni significativo, durati negli adulti almeno 12 mesi e nei bambini per almeno 6 mesi dopo il lutto:

  • Un persistente desiderio/nostalgia della persona deceduta. Nei bambini piccoli il desiderio può essere espresso attraverso il gioco.
  • Tristezza e dolore emotivo intenso.
  • Preoccupazione per il deceduto.
  • Preoccupazione per le circostanze della morte. Nei bambini, questa preoccupazione può estendersi fino alla preoccupazione per la possibile morte di altre persone vicine.

Altri sintomi in forma persistente sono:

  • sofferenza relativa alla morte
  • difficoltà nell’accettare la morte
  • incredulità o torpore emotivo riguardo alla perdita
  • difficoltà ad abbandonarsi a ricordi positivi che riguardano il deceduto
  • amarezza o rabbia in relazione alla perdita
  • valutazione negativa di sé in relazione al deceduto o alla morte (es. senso di auto-colpevolezza)
  • eccessivo evitamento di ricordi della perdita (per es. evitamento di persone, luoghi o situazioni associati al deceduto).

Inoltre possono verificarsi un disordine sociale e dell’identità, accompagnato da desiderio di morire per essere vicini al deceduto, senso profondo di sfiducia verso gli altri, e la sensazione di essere soli o distaccati dagli altri.

La persona viene spesso pervasa dalla sensazione che la vita sia vuota o priva di senso senza il deceduto, o pensiero di non farcela senza il deceduto. In queste circostanze la confusione circa il proprio ruolo nella vita, diminuito a causa del legame con il defunto e con il quale il senso della propria vita si è perso, sono presenti difficoltà o riluttanza nel perseguire i propri interessi o nel fare piani per il futuro (per es. amicizie, attività).

Per essere presente la diagnosi di disturbo da lutto persistente questo deve causare disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti, e la reazione di lutto è sproporzionata o non coerente con le norme culturali o religiose o appropriate per l’età.

È bene distinguere se si tratta di lutto traumatico, presente se il lutto si è verificato in circostante specifiche quali ad esempio dovuto a omicidio o suicidio.

La persona spesso riporta persistenti pensieri riguardo alla natura traumatica della morte (riportando ala memoria momenti dolorosi relativi ad esempio agli ultimi istanti di vita del defunto, o alle circostanze gravose che lo hanno portato a morire).

Una nuova vita

Ciò che è importante sottolineare è lo sforzo che ogni individuo si dispone a mettere in atto per riformulare una nuova visione di sé, del mondo e del futuro, inteso questo come progettualità.
La realtà, fino a quel momento conosciuta, è adesso priva di significato, avendo sperimentato una perdita significativa, e bisogna dunque trovare il modo di renderla nuovamente tale, anche se a volte lo sforzo sembra essere inaccettabile. Questi cambiamenti sono però necessari, adattivi e funzionali alla persona che sopravvive a quel lutto.

Per quanto riguarda, invece, le condizioni esterne che possono rappresentare un fattore di rischio si evidenzia la mancanza di supporto sociale come elemento centrale.

Alla luce di quanto esposto si ribadisce l’importanza, e a volte la necessità vitale, che uno spazio di sostegno psicologico e di terapia può rappresentare per ogni individuo che ne fa richiesta, inteso come modalità di cura e di coscienza di sé, e in cui poter favorire e riattivare la crescita e la comprensione di noi stessi.

Supporto psicologico a Roma

Se hai bisogno di un supporto psicologico ricevo nel mio studio di Roma in zona Conca D’oro e nel mio studio di Psicologa in zona Appia Tuscolana, sarò lieta di rispondere alle tue domande e qualora lo desiderassi ad aiutarti ad elaborare il tuo lutto.