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L’unicità di ogni singolo individuo si accompagna alla consapevolezza o meno delle proprie scelte e al modo con cui si rapporta al mondo.

Siamo in grado di essere consapevoli di ciò che ci accade e di cosa proviamo grazie alla possibilità di poter avere uno spazio mentale in grado di accogliere le nostre percezioni ed emozioni, in grado di osservare-ci e riflettere su di noi. E questa possibilità, questa capacità di connetterci a noi stessi e alla nostra intimità, è una funzione in continua evoluzione e movimento fino all’ultimo respiro di vita e che ci permette di essere unici.

Questa funzione, proprio come una rete di contatto, (Ferrari A.B., L’alba del pensiero, Borla 1998) ci permette di organizzare le percezioni e le emozioni, senza esserne sopraffatti, e poter attribuire loro un significato.

Sensazioni ed emozioni da una parte e apparato pensante dall’altro lavorano in sinergia per trovare delle corrispondenze significative che diano a noi il senso delle nostre azioni e delle nostre percezioni.

 

Perché proviamo angoscia?

Quando questa armonia non è in grado di costituirsi viviamo quella che possiamo definire uno stato disarmonico di emozioni e confusione mentale, fino ad arrivare ad una vera e propria sofferenza psico-fisica.

Riconosciamo questa sofferenza psichica ad esempio quando incontriamo persone che vivono con un alto livello di angoscia, tale da saturare ogni possibilità di attribuire significato e senso a ciò che sperimentano. La rete di contatto sembra aver preso la forma di una vera e propria barriera,  non in grado di creare rappresentazioni di ciò che si vive e conferire una connotazione e coloritura emotiva.

Ci sembrerà di vivere situazioni di tensione e di conflitto nelle quali potremmo percepire la nostra mente troppo distante dalle emozioni, non in grado di coglierle, decifrarle, ma che opera basandosi su teorie rigide da cui ci sembra impossibile prendere respiro.

Viceversa, potremmo incorrere in una fragilità emotiva e una sofferenza immensa tale da travolgere la nostra capacità di riflettere su noi stessi.

Ad esempio quest’ultimo caso sembra essere molto frequente nelle condizioni di malattia. In questi frangenti è possibile che le emozioni e le sensazioni invadono con violenza lo spazio mentale che diventa saturo di angosce connesse al dolore e alla minaccia di morte.

 

Angoscia, imparare a conoscerla per superarla

Il lavoro clinico e di sostegno psicologico può lavorare nella direzione di favorire la creazione della distanza dallo stimolo angosciante (ad esempio il pensiero della morte, l’esperienza di un evento traumatico, lutto e perdita, et al…) e permettere la formazione dello spazio mentale dove può avvenire la messa a fuoco delle sensazioni-emozioni che spingono e hanno urgenza di poter emergere, essere ascoltate e accolte.

Ciò che può emergere è appunto la trasformazione delle sensazioni in emozioni, sino ad arrivare al pensiero e quindi al linguaggio.

Rendere dicibili le nostre emozioni è un passaggio fondamentale per comprenderle, e comprendere noi stessi in quel luogo cammino, di evoluzioni e trasformazioni, che è  la vita stessa.

Lo spazio di sostegno e in molti casi, ove sia necessario, un percorso di psicoterapia, è inteso come spazio non solo fisico ma anche mentale, in cui poter riattivare nuovi processi trasformativi e favorire una crescita e comprensione emozionale.