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Le EMOZIONI…a volte difficile comprenderle!

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Tu chiamale se vuoi..emozioni!

Talmente fondamentali per la nostra sopravvivenza e protezione e a volte talmente incomprensibili e destrutturanti.

Le emozioni primarie (gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto e sorpresa) sono presenti in tutti i mammiferi, mentre negli esseri umani le emozioni primarie si mescolano dando origine a emozioni più complesse, chiamate emozioni secondarie, come il senso di colpa, l’invidia e la vergogna. Le emozioni secondarie modulano le interazioni sociali e dipendono dallo stile culturale di appartenenza.

Possiamo definire le emozioni come stati affettivi intensi, di breve durata, che vengono attivate da stimoli esterni o interni e che possono manifestarsi attraverso specifiche espressioni del corpo. Le emozioni sono formate da diverse componenti: quella fisiologica (che attiva il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso autonomo), espressiva (di cui la sede principale è l’espressività del volto o il corpo con la propria gestualità), comportamentale (che prevede la messa in atto di una o più serie di azioni per raggiungere uno scopo).

In quest’ultimo caso ad esempio avvertire la paura, magari mentre attraversiamo la strada e ci accorgiamo di un veicolo che arriva a tutta velocità, ha lo scopo di preservarci ed allontanarci dallo stimolo pericoloso. Avvertire la rabbia e il dolore ci può preparare a difenderci, a riflettere e comprendere sulla nostra condizione nel momento presente, attivare altre risorse per raggiungere i nostri scopi, come richiamo a tollerare le mancanze e le frustrazioni.

Ecco il perché della mancata esistenza di emozioni positive o negative, ma semplicemente emozioni con il chiaro scopo di preservarci e tutelarci.

E’abitudine comune considerare nettamente distinte quelle buone, come ad esempio la gioia, che ci infonde un profondo stato di benessere, da quelle cattive, quali la tristezza, che ci causa malessere e umore cupo.

 

Quando lemozione sembra essere invalidante

Molto spesso le persone sentono il bisogno di un sostegno psicologico o di una psicoterapia proprio in concomitanza di un disagio emotivo denso e prolungato nel tempo, di cui si sentono estranei il più delle volte, incapaci di trovare un utile motivazione ad uscirne, e potervi far fronte e quindi gestirlo. Una sofferenza emotiva di questo tipo può ostacolare e invalidare il normale svolgimento delle semplici attività quotidiane e far sentire la perdita di energie e fiducia necessarie per potersi  riequilibrare e trovare una nuova condizione di benessere psicologico.

Spesso questi stati sono accompagnati da pensieri intrusivi che ci impongono un duro sforzo per cercare di evitarli o renderli innocui, attività che così definita prende il nome di “rimuginio”. Difficile distinguerne la punteggiatura, cioè da cosa scaturisce il tutto: è l’emozione invalidante a generare il rimuginio o l’attività del pensiero incessante che è fonte di ansia e ulteriore angoscia? Uno sembra causa dell’altro e insieme, in maniera sinergica, sembrano attivare ulteriore sofferenza psichica. I comportamenti che ne conseguono possono essere coerenti con l’emozione vissuta, ma di certo disfunzionali al proseguimento normale della vita dell’individuo.

Da una parte le emozioni con la loro intensità e densità, dall’altro una mente in grado accoglierle, contenerle, vivono in incessante legame tra loro e ci costringono ad una continua riorganizzazione e assestamento. Esistono condizioni che però possono ostacolare questo flusso e determinare un accrescimento dell’intensità o della durata dello stato emozionale.

Siamo portati a pensare che siano gli eventi esterni a determinare questo squilibrio. In realtà il nostro modo di predisporci ad un determinato evento, il modo particolare e unico di tradurlo, di elaborarlo, possono  influenzare l’intensità e la durata dell’emozione, ovvero la qualità dei nostri pensieri.

 

Rimuginio e ruminazione: Quando invalidanti sono i nostri pensieri!

Può capitare nella vita di ognuno di incorrere in pensieri ripetitivi, pensieri che ci incastrano in un sorta di ragionamento- spirale senza fine. I pensieri aumentano all’interno di un circolo vizioso il cui esito è una massa di altri pensieri ridondanti. A lungo andare ciò può provocare ripercussioni sullo nostro stato emotivo e comportamentale.

Questa modalità di pensiero che assume la connotazione di incontrollabile e ci rende quasi passivi, sottende emozioni diverse tra loro, come l’ansia, la rabbia e la depressione e a seconda del tipo di emozione a cui si riferisce, assume connotazioni e significati diversi.

Ad esempio il pensiero ripetitivo denominato rimuginio è legato all’ansia, la ruminazione alla depressione, e la ruminazione rabbiosa alla rabbia.
Alcune  caratteristiche comuni sono:

  • ripetitività, pensieri sempre uguali che si ripetono;
  • negatività, pensare sempre a cose negative che potrebbero succedere o che  sono accadute;
  • incontrollabilità, incapacità di fermare i pensieri ripetitivi;
  • contenuto prettamente verbale, sono caratterizzati più da frasi che da immagini mentali;
  • astrattezza, non portano all’azione ma richiamano solo altri pensieri;
  • dispendio di energie, portano a una mancanza di concentrazione su temi che non siano legati ai processi in questione.

Inizialmente, si cominciano a utilizzare le indicate modalità di pensiero credendo siano efficaci e utili per risolvere situazioni identificate come problematiche, per affrontare i problemi futuri, per percepirsi meno in colpa e cercare rassicurazioni.

Il rimuginio

È una forma di pensiero ripetitivo strettamente legato all’ansia che, nel tempo, la mantiene e la aggrava. Il rimuginio è caratterizzato dalla ripetitività di una serie di pensieri considerati come incontrollabili e intrusivi, che si focalizzano su contenuti catastrofici di eventi  o scenari pericolosi che potrebbero manifestarsi in futuro.

Spesso viene messo in atto come strategia nelle situazioni percepite come pericolose e incerte, o addirittura ansiogene, e per questo vissute con la sensazione di non riuscire a gestirle. Ciò  che sembra nascere dall’intento di trovare una soluzione per controllare e anticipare eventi futuri temuti, è invece la stessa che ci incastra: più pensiamo alle situazioni catastrofiche da prevenire e fronteggiare più abbiamo paura che il peggio possa verificarsi, non riuscendo a valutare altre soluzioni o individuare altre risorse interne.

Aumenta la percezione di essere deboli e disarmati, in un vortice in cui aumenta la paura e il senso di smarrimento nei confronti di un futuro incerto di cui siamo in balia. Tra noi e gli accadimenti futuri non c’è alcuna rete di protezione!! Ecco che il rimuginio si cronicizza e lo stato di ansia permane.

La ruminazione invece è una forma di pensiero ripetitivo che si focalizza principalmente sugli stati emotivi interni e sulle loro conseguenze negative (Martino, Caselli, Ruggiero & Sassaroli, 2013), legato principalmente ai sintomi della depressione.

La ruminazione rabbiosa è legato a un evento passato in cui si sperimenta una emozione di rabbia. Il pensiero sul passato amplifica l’intensità e la durata dell’emozione negativa, che sfocia conseguentemente nella vendetta e nell’aggressività (Sukhodolsky, 2001), quando è rivolta verso l’esterno. Se invece la ruminazione rabbiosa riguarda temi autosvalutativi, alla lunga potrebbe diventare depressione.

Rimuginioruminazione e ruminazione rabbiosa sono processi automatici in cui l’individuo perde il contatto con la realtà  e vive in uno stato di profondo malessere e angoscia.

È necessario portare alla consapevolezza le proprie paure, ansie e, contemporaneamente, la modalità di funzionare messa in atto per fronteggiare queste paure. Essere consapevoli di non avere il controllo su eventi futuri può restituirci un esame di noi stessi e della realtà in grado di aiutarci a vivere con meno angoscia e paura l’unico momento in cui viviamo: il momento presente!